Tanking: la controversa arte di perdere per vincere nel basket
Nel mondo del basket professionistico, dove la competizione è feroce e ogni vittoria conta, esiste una pratica tanto discussa quanto strategicamente calcolata: il tanking. Si tratta di una scelta deliberata da parte di alcune squadre di abbassare le proprie prestazioni con l’obiettivo di ottenere una posizione favorevole al draft, cioè il momento in cui le franchigie selezionano i migliori giovani talenti emergenti. Il concetto di tanking si è evoluto nel corso degli anni, diventando una vera e propria filosofia di ricostruzione sportiva, ma anche un tema etico e morale che divide tifosi, media e addetti ai lavori.
Le origini del tanking e la logica del draft
Per capire il tanking, bisogna comprendere il sistema del draft. Ogni anno, la NBA e altre leghe professionistiche permettono alle squadre peggiori della stagione precedente di scegliere per prime i migliori prospetti provenienti dai college o da leghe internazionali. In teoria, questo meccanismo serve a mantenere un equilibrio competitivo, offrendo alle squadre deboli la possibilità di rinforzarsi. Tuttavia, con il tempo, alcune franchigie hanno iniziato a sfruttare questa regola a proprio vantaggio, scegliendo di perdere intenzionalmente più partite per aumentare le probabilità di ottenere le prime scelte. È qui che il tanking diventa una strategia vera e propria.
Le fasi di una ricostruzione programmata
Il tanking non è semplicemente una serie di sconfitte: è una pianificazione a lungo termine. Le squadre che adottano questa filosofia spesso smantellano il proprio roster, cedendo giocatori esperti e costosi in cambio di giovani promesse e scelte future. L’obiettivo è liberare spazio salariale, accumulare talento e ricostruire dalle fondamenta. Alcuni team, come i Philadelphia 76ers con il famoso motto “Trust the Process”, hanno fatto del tanking un manifesto, accettando anni di difficoltà in cambio della speranza di dominare in futuro.
Il confine sottile tra strategia e inganno sportivo
Nonostante la logica economica e sportiva che può giustificare il tanking, molti lo considerano una forma di manipolazione del gioco. I critici sostengono che perdere di proposito mina l’integrità della competizione e tradisce la fiducia dei tifosi, che pagano biglietti e abbonamenti per vedere la propria squadra lottare, non arrendersi. D’altro canto, i sostenitori del tanking rispondono che si tratta di una mossa razionale in un sistema che premia la pianificazione. Per alcuni, “perdere oggi per vincere domani” non è una resa, ma un atto di visione e coraggio dirigenziale.
Le contromisure della NBA e il futuro del tanking
Per limitare gli effetti del tanking, la NBA ha modificato più volte il sistema della “lotteria del draft”, riducendo le differenze di probabilità tra le peggiori squadre. Ora, anche arrivare ultimi non garantisce automaticamente la prima scelta. Questa riforma ha reso il tanking meno conveniente, spingendo le franchigie a trovare un equilibrio tra competere e ricostruire. Tuttavia, la pratica non è scomparsa. Alcuni club continuano a “mascherare” il proprio tanking dietro la giustificazione dello sviluppo dei giovani, schierando roster sperimentali e dando spazio ai giocatori in crescita.
Quando il tanking funziona davvero
Non tutti i casi di tanking portano al successo. Alcune squadre, dopo anni di sconfitte, non riescono comunque a costruire un gruppo vincente, dimostrando che la selezione di giovani talenti non basta senza una cultura sportiva solida. Altre, invece, hanno trasformato le sconfitte in rinascita. Gli Oklahoma City Thunder e, più recentemente, i San Antonio Spurs con l’arrivo di Victor Wembanyama, sono esempi di come il tanking possa essere parte di un piano di rinascita efficace, se accompagnato da una visione chiara e da una gestione intelligente delle risorse.
Un fenomeno destinato a evolversi
Il tanking è oggi uno dei temi più dibattuti del basket moderno, simbolo della tensione continua tra etica e strategia, tra passione e calcolo. Mentre le leghe cercano di rendere il sistema più equo, le squadre continuano a spingere i limiti della pianificazione sportiva. In fondo, il tanking rappresenta una verità scomoda ma innegabile: nel mondo del basket professionistico, il confine tra vincere e ricostruire non è mai stato così sottile.
